Nefesh: L'anima |
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Che cosa intende la Bibbia per «anima»?
L’anima è l’essere umano quando canta: «Loda il Signore, anima
mia…finché vivo canterò inni al mio Dio» (Sal 146).
Nel linguaggio biblico, l’anima non è una parte dell’essere umano,
la mia anima sono io, la mia persona, la mia vita. Maria è tutta
interamente nel suo canto quando dice: «Magnificat anima mea - l’anima
mia magnifica il Signore» (Lc 1,46).
Nell’Antico Testamento, in ebraico, anima si dice néfèsh. All’origine questa parola designa una parte del corpo, la gola, forse anche lo stomaco, e in seguito la fame e la sete che la gola e lo stomaco risentono. Dunque l’anima rappresenta dapprima una preoccupazione corporale, come possiamo vedere per esempio in questo proverbio: «L’appetito (néfèsh: l’anima!) del lavoratore lavora per lui, perché la sua bocca lo stimola» (Pr 16,26). L’anima è appetito, desiderio di vita.
Questo desiderio di vivere raccoglie animali ed esseri umani nella grande famiglia delle «anime viventi» (Gn 1,24 e 2,7). Quando abitualmente si traduce questa parola con «essere vivente», non è sbagliato, ma il linguaggio biblico è più dinamico. «Anima vivente», l’uomo non è un essere da definire, ma, se così si può dire, è «appetito vivente di vita». In fin dei conti, questo desiderio di vivere va così lontano che solo Dio può corrispondervi. «Al tuo nome e al tuo ricordo si volge tutto il nostro desiderio. La mia anima anela a te di notte» (Is 26,8-9).
L’uomo biblico ama con il cuore e con l’anima (Dt 6,5). Ma, mentre il cuore pensa e fa progetti (Gn 6,5; 1 Re 3,9.12), l’anima ama con passione (Ct 3,1-4), si rattrista (Sal 42,6), prova piacere: «Ecco… il mio eletto di cui mi compiaccio» (Is 42,1). Quest’ultimo testo attribuisce un’«anima» a Dio per dire la sua felicità di amare! L’anima è la vita che supera la ragione e la volontà cosciente. Ben prima della psicologia contemporanea, la Bibbia sapeva che l’essere umano non è completamente padrone di se stesso. Non è solo ragionevole, ma si lascia coinvolgere, sconcertare, trascinare a suo malgrado. Questa condizione umana, Gesù l’ha condivisa. Non era insensibile. Gli è capitato di dire: «L’anima mia è turbata» (Gv 12,27).
L’anima si riferisce alla fragilità umana
e allo stesso tempo è un tesoro inestimabile. Gesù dice: «Qual
vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero,
e poi perderà la propria anima?» (Mt 16,26). L’anima, cioè
il mio desiderio e la mia gioia di vivere, è più preziosa
di tutto. Perdere la propria anima, è assolvere funzioni al posto
di vivere. La perdita dell’anima, come dice Gesù, si traduce in un
fondo di tristezza che né I successi, né le ricchezze, né
i divertimenti del mondo intero arrivano ad eliminare. Salvare la propria
anima, è vivere l’insperato. La salvezza dell’anima sta nella gioia
e nella gratitudine. (tratto da www.taize.fr)
Massimo Nicosia
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Aggiornato il: 24-02-02